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Italia, paradiso per le lobby

Articolo di IT Forum NewsNewsletter
Italia, paradiso per le lobby
Salvatore Gaziano Strategist SoldiExpert.com
mercoledì 12 luglio 2017 

Il risparmio gestito degli italiani è una gallina dalle uova d’oro. L’ennesima conferma arriva dai rumors di mercato che vedono il gruppo Anima Holding, le cui azioni sono quotate a Piazza Affari, diventare il crocevia di un nuovo possibile polo del risparmio gestito italiano dietro a Generali, Intesa SanPaolo a insidiare il terzo posto attualmente detenuto dal gruppo Pioneer-Amundi. Al mercato l’operazione di consolidamento che potrebbe passare inizialmente dalla cessione di Aletti Gestielle da parte di Banco BPM ad Anima Holding e poi il successivo coinvolgimento di Poste Italiane (con la controllata BancoPosta Fondi) e magari pure della Cassa Depositi e Prestiti, piace tanto che il titolo Anima Holding è decollato. E così i titoli del risparmio gestito sono tornati nel mirino degli acquisti anche grazie ai buoni dati nella raccolta nel mese di giugno con bollettini trionfali. Vediamo. Fineco ha avuto una raccolta positiva per 456 milioni e pari a 2,9 miliardi da inizio anno. In scia ci sono Banca Generali con flussi netti positivi per 620 milioni e masse che hanno raggiunto i 3,8 miliardi di euro, in progresso del 31% rispetto al pari periodo dell'anno precedente. Anima Holding si è fermata a quota + 300 milioni di euro con +1,7 miliardi di euro da inizio anno mentre Banca Mediolanum con circa 308 milioni di euro di flussi porta a 2,3 miliardi la raccolta netta da inizio anno (di cui oltre 1 miliardo convogliato sui fondi PIR complaint). Un clima quasi di festa che fa da contrasto con i report di diverse banche d’affari straniere e italiane che vedono da tempo un futuro grigio per le società specializzate nel risparmio gestito per effetto soprattutto della Mifid2 in vigore dal 3 gennaio 2018 e di una concorrenza sempre più agguerrita per effetto del fintech o del mercato degli ETF low cost dove è dato vicino lo sbarco del colosso statunitense Vanguard in Italia e Germania. In effetti sulla carta la Mifid2 potrebbe andare a rompere le uova nel paniere perché dovrebbe significare per tutte le società del settore e per le banche (e in particolare per quelle che distribuiscono soprattutto prodotti della casa) maggiori difficoltà nel fare profitti, poiché al sottoscrittore dovrà essere resa pienamente trasparente la struttura dei costi dei fondi consigliata e occorrerà anche saper giustificare perché si consiglia proprio il fondo della casa e non un altro se quello suggerito è una “porcheria” (per costi e performance). O almeno questo sarebbe lo spirito originario della direttiva europea. Maggiore tutela del risparmiatore e maggiore trasparenza. Ma in Italia c’è un luogo eccezionale per trasformare il piombo in oro e viceversa: è il Parlamento. E il testo che il governo si appresta ad approvare in via definitiva entro il 3 agosto grazie al prodigarsi delle lobby bancarie dovrebbe essere un capolavoro nel genere. “Cambiare tutto perché tutto resti come prima” come spiega ne “Il Gattopardo” il giovane nipote Tancredi al Principe di Salina. La consulenza finanziaria indipendente “pura” viene pesantemente azzoppata grazie alla forza delle lobby bancarie e alla solita logica ottimamente espressa nell’editoriale di martedì 11 luglio dal duo di economisti Alesina/Giavazzi sul Corriere della Sera sul perché in Italia non decollano mai veramente le liberalizzazioni e semplificazioni e la tutela dei consumatori: “..perché qualcuno perderebbe la propria rendita di monopolio, accumulata da decenni e protetta da varie associazioni la cui ragione d’essere è bloccare il cambiamento. Come? Facendo pressione sui politici mediante finanziamenti più o meno leciti, tramite scioperi selvaggi, blocchi degli aeroporti e disinformazione all’opinione pubblica tipo: i voli low cost sono pericolosi, per vendere un’aspirina ci vuole una laurea in farmacia, senza i notai sarebbe impossibile tenere aggiornato il catasto”. Per i parlamentari italiani come per i vecchi e nuovi vigilantes si rischierebbe addirittura un “Far West” a consentire in Italia la consulenza finanziaria indipendente salvo che questa venga erogata dalle stesse banche. Se l’oste consiglia il proprio vino in Italia è sempre la soluzione migliore. E pazienza se ogni tanto rifila vino adulterato o al metanolo come è accaduto con i vinelli popolari veneti sotto l’occhio attento dei regolatori italiani o applica costi di ricarico abnormi. Secondo le commissioni Finanze di Camera e Senato nel testo scodellato per il governo la consulenza finanziaria “fuori sede” per gli indipendenti e magari pure la vendita a distanza vanno vietate (Internet no, sull’utilizzo di piccioni viaggiatori forse se ne potrà discutere dal 2021); il consulente finanziario indipendente deve restare in sede magari col braccialetto elettronico collegato all’OCF e pure video controllato. E naturalmente questo non vale se si vende consulenza indipendente per conto di banche e reti e si ha allora il “doppio banchetto” e si può decidere di offrire la consulenza a parcella o quella a provvigioni. Un geniale espediente normativo che serve soprattutto a evitare alla reti e alle banche che qualche promotore finanziario con portafoglio ed esperienza decida di dimettersi per mettersi in proprio e offrire alla propria clientela solo consulenza finanziaria indipendente non facendo così arrivare più un cent di provvigioni alla propria upline, credendo veramente a questa bischerata della consulenza priva di conflitti di interesse.